HOME sezioni programma eventi speciali info festival press contatti alpeadriacinema


LE FOTO
DAY BY DAY

NEWSLETTER
iscriviti!






eventi speciali


EVENTO SPECIALE DI INAUGURAZIONE
Giovedì 19 gennaio – Cinema Excelsior (Sala Excelsior) – ore 20.00
il film che consacra il regista JAN CVITKOVIČ
DI TOMBA IN TOMBA


• ODGROBADOGROBA (Di tomba in tomba)
di Jan Cvitkovič, Slovenia – Croazia, 2005, 35mm, col., 103’ v.o. slovena
Girato sul versante sloveno del Carso, un film folgorante e intenso, che ha convinto la critica internazionale del sicuro, promettente talento di Cvitkovič, qui al suo secondo lungometraggio (talento già precedentemente segnalato da Alpe Adria Cinema, e apprezzato anche alla scorsa edizione del Trieste Film Festival con il gustoso cortometraggio Srce je kos mesa (Il cuore è un pezzo di carne).
Un’opera di ariosa potenza lirica e graffiante humor nero che gioca con intelligenza, in una miscela sapiente di commedia e horror, attorno al limite cruciale e misterioso tra il cielo e la terra, tra la vita e la morte, popolata da personaggi che posseggono l’efficacia della verità per quel loro indecidibile, ambivalente oscillare sospesi sull’abisso tra i due mondi, perché questi (la vita e la morte), “appartengono l’uno all’altro” – per usare le parole del regista - e “si tengono per mano”.
Lo spunto di partenza del film è tratto dal fenomeno, di fatto assai comune nei paesini della Slovenia, costituito da quelle figure pubbliche di oratori (per così dire professionali) dediti a scrivere e pronunciare discorsi ai funerali. Ma sotto le pieghe della finzione scorre anche, inapparente ma ineludibile come un fiume carsico, il triste primato detenuto dalla Slovenia di un tasso di mortalità per suicidio tra i più alti al mondo (nono posto in classifica).
Il film, secondo le intenzioni del regista - che ne firma anche la sceneggiatura - non ha la pretesa di dire, spiegare o giudicare alcunché, semmai, tutto al contrario, è accordato su una dimensione dichiaratamente intima “Vorrei che la gente sentisse l’essenza del vivere, che non ha bisogno di essere giudicata o valutata”. Ma di un’intimità comune, che riposa in tutti: “La sola cosa che voglio veramente da questo film è che guardandolo qualcuno si riconosca in questa intimità e che la sentisse come propria”.
Odgrobadogroba ha al suo attivo numerosi riconoscimenti internazionali: vincitore all’ultimo Filmfestival di Cottbus (Germania) quale Miglior film, ha ottenuto inoltre il premio dedicato ai nuovi registi al Film Festival di San Sebastian, e due premi – Miglior film ex-aequo e Miglior sceneggiatura - all’ultimo Torino Film Festival.

Giovedì 19 gennaio – Cinema Excelsior (Sala Azzurra) – ore 22.30
OMAGGIO A SILVAN FURLAN


In apertura della 17.edizione, il Trieste Film Festival desidera salutare l’indelebile figura umana e professionale di Silvan Furlan, prematuramente scomparso, a soli 52 anni, il 22 aprile del 2005, dedicandogli un tributo a espressione di tutta la stima e il debito di riconoscenza di Alpe Adria Cinema per la sua appassionata disponibilità e per la sua vasta, puntuale conoscenza del cinema sloveno e internazionale. “E’ stato un grande amico, che ha creduto nella nostra manifestazione, l’ha fondata assieme a noi, ha fatto sempre parte del nostro comitato scientifico e sarebbe contento di trovare inserito nel concorso il lungometraggio sloveno che ha fatto in tempo a vedere e apprezzare”, sottolinea il direttore artistico Annamaria Percavassi.
Come ricorda l’amico e collaboratore di lunga data Vlado Škafar “Silvan adorava tutte le dimensioni dell’arte e della cultura cinematografica: la creazione, la riflessione, la propedeutica, la promozione e la conservazione”.
Il tributo di Alpe Adria Cinema sceglie di mettere in luce, in particolare, due ruoli complementari giocati dalla poliedrica passione cinematografica di Silvan Furlan, con la proiezione dell’unico film che lo vede dietro la macchina da presa, Deklica s frnikulami (La ragazza con le biglie), del 1998. E, al versante opposto della macchina da presa, con l’anteprima italiana del recentissimo omaggio dedicatogli da Slavko Hren - emblematicamente intitolato Zivljene za film (Una vita per il cinema) - che documenta gli incisivi interventi di Furlan nei programmi televisivi sloveni espressamente dedicati al cinema nel corso di vent’anni.


• DEKLICA S FRNIKULAMI (La ragazza con le biglie)
di Silvan Furlan, Slovenia 1998, Betacam SP, col., 40’ v.o. slovena
Il solo film diretto da Furlan assume il topos del viaggio (significativamente intrapreso da una giovane attrice slovena) per rinvenire inedite tracce, suggestioni, frammenti sui luoghi legati all’esistenza della prima star del cinema sloveno, Ida Rina. Il percorso si snoda dai luoghi dell’infanzia della diva – a Divača, dove è nata il 7 luglio 1907 - a quelli decisivi per la sua vita privata (il matrimonio a Belgrado nel 1931) e per la sua breve, folgorante carriera artistica. All’apice della fama internazionale, infatti, Ida Rina annuncia il suo progressivo allontanamento dalle scene europee. Oltre al film, Furlan ha dedicato alla figura dell’attrice alcuni studi, istituendo inoltre proprio nella sua casa natale, a Divača, il “Muzej slovenskih filmskih igralcev” (Museo degli attori solveni).

• ŽIVLJENJE ZA FILM (Una vita per il cinema)
di Slavko Hren, Slovenia 2005, Betacam SP, col., 12’ v.o. slovena - ANTEPRIMA ITALIANA
Come tributo ad una figura così rilevante per la cinematografia slovena, Hren realizza un montaggio degli interventi di Silvan Furlan nei programmi televisivi sloveni dedicati al cinema nel corso di vent’anni.


Giovedì 19 gennaio – Cinema Excelsior (Sala Excelsior) – ore 22.30
ANTEPRIMA ITALIANA
del film di Márta Mészáros
L’UOMO NON SEPOLTO


• A TEMETELEN HALOTT (L’uomo non sepolto)
di Márta Mészáros, Ungheria- Polonia – Slovacchia 2004, 35 mm, col. & b-n, 127’, v.o. ungherese
“Dedicato ai giovani”, come espressamente indicato nei titoli di testa, il film della Mészáros tocca uno dei momenti cruciali della storia ungherese, la rivolta del 1956, scegliendo di incentrare il racconto sulla figura del primo ministro Imre Nagy - il leader comunista sostenitore del multipartitismo democratico e delle libere elezioni che osò sfidare il patto di Varsavia - detronizzato il 4 novembre dai carri armati sovietici.
Il titolo del film è motivato dal fatto che Nagy - condannato a morte per tradimento nel 1958 - rimase “insepolto” ovvero privo di una tomba che ne porti il nome per trent’anni (fino alla riesumazione della salma, sollecitata dalla figlia nel 1987). Tuttavia l’appassionata operazione della regista lascia intendere l’intenzione che il titolo, L’uomo non sepolto, possa essere letto in modo duplice, sì che al senso letterale si sovrapponga auspicabilmente il senso figurato di “uomo non obliato, non dimenticato”.
Márta Mészáros ha dichiarato di avere delle ragioni personali per realizzare il film, cui si preparava da anni, avendo conosciuto Imre Nagy, di cui ricorda la gentilezza e l’indole gioviale, ma, ancora bambina, anche la figlia Erzsébet, di cui ha seguito le traversie negli anni della solitudine e dell’esclusione, proseguiti anche nella sua lotta per la riabilitazione del padre. Avvenuta tardivamente, tuttavia in modo tale da temperare almeno in parte l’amarezza espressa dalle sue ultime parole, pronunciate prima di essere giustiziato: “L’unica cosa che mi spaventa è essere riabilitato da coloro che mi hanno tradito”.
La sceneggiatura è basata sull’autobiografia scritta da Imre Nagy stesso, sui ricordi della figlia Erzsébet e su documenti originali, dischi e materiali d’archivio.
Il film ricostruisce cronologicamente la tumultuosa storia di Nagy da quel cruciale 23 ottobre 1956, con le rivolte di piazza ed il suo famoso discorso dal balcone del Palazzo del Parlamento, ai carri armati sovietici, all’immunità diplomatica offerta da Tito al confino in Romania. Quindi l’arresto, la prigionia, durata 14 mesi, in condizioni materialmente e psicologicamente disumane, i continui interrogatori finalizzati ad estorcere confessioni su crimini non commessi, e il processo, registrato e filmato come si conviene ad un “segreto di Stato”.
La dura prigionia di Nagy e il suo isolamento sono resi con grande efficacia - oltre che dalla intensa sensibilità dell’attore polacco Jan Nowicki - attraverso l’uso della metafora visiva, sottraendo progressivamente colore e luce fino ad un indistinto ed opaco bianco e nero. Le condizioni proibitive di visibilità, cui si accompagna l’insistenza sull’inutilità degli occhiali, alludono infatti simbolicamente al consapevole sprofondare nelle tenebre di un destino cieco, senza vie d’uscita. Il film della Mészáros intende evidenziare con forza come Nagy, nonostante tutto, non perse mai la responsabile coerenza nelle proprie convinzioni politiche, né lo stile lucido della propria levatura intellettuale. Nemmeno al momento della sentenza della propria condanna a morte per tradimento, che definì “ingiusta e ingiustificata”, rifiutandosi recisamente di chiedere la grazia: “Voglio morire da uomo libero”, affermò.


Giovedì 26 gennaio – Cinema Excelsior (sala Excelsior) - ore 17.00
SOLIDARNOŚĆ, SOLIDARNOŚĆ


• SOLIDARNOŚĆ, SOLIDARNOŚĆ (Solidarnosc, Solidarnosc)
di Filip Bajon, Jacek Bromski, Ryszard Bugajski, Jerzy Domaradzki, Feliks Falk, Robert Gliński, Andrzej Jakimowski, Jan Jakub Kolski, Juliusz Machulski, Małgorzata Szumowska, Piotr Trzaskalski, Andrzej Wajda, Krzysztof Zanussi,
Polonia 2005, 35 mm, col., 113’ v.o. polacca
Motivato dalla volontà di celebrare il 25° anniversario della nascita di Solidarnosc e basato su un’idea di Wajda (che a ridosso degli eventi girò L’uomo di ferro), il progetto riunisce le energie di 13 registi polacchi appartenenti a generazioni differenti. I cineasti che hanno vissuto in prima persona gli avvenimenti di quell’agosto cruciale del 1980, così come i più giovani, hanno aderito con slancio all’invito di ricordare e riflettere sul fenomeno peculiare di Solidarnosc (che ebbe la forza di far aderire 10 milioni di polacchi ad un unico movimento, superando ogni divisione sociale), realizzando un cortometraggio di dieci minuti ciascuno. Il film collettivo che ne esce è un tour de force cinematografico che, spaziando per varietà di approcci e di forme (dalla commedia al videoclip al documentario all’intervista) intende raccontare sinteticamente quegli eventi leggendari e tentare, nello stesso tempo, di proporne una più lucida riflessione a distanza.
Va doverosamente menzionato, in particolare, il contributo dell’ideatore del progetto a più mani, Andrzej Wajda, dal titolo - non casuale - L’uomo della speranza. Nel 1980, infatti, il leader del nascente Solidarnos Lech Wałesa espresse personalmente la propria gratitudine a Wajda per il film d’intervento L’uomo di ferro, che stava girando sull’onda degli eventi, invitandolo a girarne presto un altro intitolandolo L’uomo della speranza. E venticinque anni dopo quell’invito è stato alla fine raccolto. Il cortometraggio di Wajda consiste in una videointervista fra il regista, gli interpreti di L’uomo di ferro Krystyna Janda e Jerzy Radzwiłowicz e Lech Wałesa.
 


 

Copyright © alpeadriacinema - all rights reserved - progetto e sviluppo TCD - TriesteCittàDigitale srl