Il documentarista russo osteggiato dal governo di Mosca e il padre del “nuovo cinema rumeno” protagonisti anche di due masterclass

Uno dei più importanti documentaristi del panorama internazionale, Vitalij Manskij, oggi costretto a lavorare lontano da Mosca per l’ostilità del governo russo; e un grande cineasta, Cristi Puiu, che con i suoi primi due film (Stuff and Dough, 2001; The Death of Mr. Lazarescu, 2005) inaugurò la stagione del “Nuovo cinema rumeno”. Sono gli “ospiti d’onore” del 28. Trieste Film Festival (in programma dal 20 al 29 gennaio), protagonisti due due attese masterclass che permetteranno al pubblico di conoscere più da vicino l’universo creativo di due autori che stanno segnando il cinema di questi anni.

Per Vitalij Manskij si tratta di un ritorno a Trieste, a un anno dalla vittoria del Premio Alpe Adria Cinema per il miglior documentario con Under the Sun. Per l’occasione, il festival ha deciso di dedicare al regista un omaggio, proponendo 8 titoli che attraversano la sua vasta filmografia, da Cuts of Another War (1993), passando perBliss (1996), Private Chronicles. Monologue (1999), Broadway. Black Sea (2002),Gagarin’s Pioneers. Our Motherland (2004), Virginity (2008) e Patria o muerte (2011), fino all’ultimo Close Relations (2016), forse il più “autobiografico” dei suoi lavori: un viaggio attraverso l’Ucraina (dove il regista è nato, a Leopoli, nel 1963) per capire cosa è accaduto dopo la rivoluzione di Piazza Maidan, e quanto la rivoluzione abbia segnato anche la propria famiglia, sparsa in tutto il Paese, da Leopoli a Odessa, dalla zona separatista del Donbass a Sebastopoli in Crimea. Un film profondamente attuale, che al tempo stesso si fa indagine sul passato e la Storia, cercando di capire le ragioni profonde del conflitto russo-ucraino. Un’indagine che, come e più dei film precedenti, ha attirato su Manskij l’aperta ostilità del governo russo, manifestatasi col ritiro da parte del Ministro della Cultura Vladimir Medinskij del supporto ministeriale e l’accusa di svolgere attività antistatali, che di fatto si traducono nel divieto di esercitare la professione.

Prima volta al festival, invece, per Cristi Puiu, sebbene il suo primo grande successo –The Death of Mr. Lazarescu – abbia vinto la 17. edizione nel 2006: undici anni dopo Puiu arriva a Trieste da autore “consacrato”, e insieme alla Masterclass presenterà l’anteprima italiana del suo nuovo film, Sieranevada, accolto trionfalmente allo scorso Festival di Cannes (dov’è stato uno dei “vincitori morali” del Concorso) e in uscita nei prossimi mesi in Italia distribuito da Parthénos. Un affresco corale e fluviale che trascina lo spettatore all’interno di un appartamento di Bucarest dove – tre giorni dopo l’attentato contro Charlie Hebdo e quaranta dopo la morte del padre – Lary, neurologo al culmine della carriera, trascorre la domenica con tutta la famiglia, riunita per commemorare il defunto. Non tutto, però, va come previsto: tra discussioni, contrasti, segreti, complotti, Lary si vedrà costretto ad affrontare le proprie paure, a riconsiderare il proprio posto all’interno della famiglia. E a dire le sue verità. Un film che, come sempre nel cinema di Puiu, osserva da vicino l’intimità domestica – e i suoi conflitti – per parlare di un intero Paese, se non di tutto un continente.

Nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino (l’edizione “zero” è datata 1987), il Trieste Film Festival – diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo – è il primo e più importante appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa centro-orientale, che continua a essere da quasi trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. Più che un festival, un ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale.

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