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X edizione Trieste, 17 - 24 gennaio 1999

INTRODUZIONE

L'intensa riflessione di Wislawa Szymborska - grande poetessa polacca nata a Bnin nel 1923 e consacrata con il Premio Nobel nel 1996 - sulla fragilità delle frontiere e sulla dissonanza tra comportamento umano e leggi della natura, interpreta ed aiuta a capire, molto meglio di qualsiasi discorso consuntivo su due lustri di attività, lo spirito e le intenzioni che hanno guidato il percorso progettuale di Alpe Adria Cinema durante questo suo primo decennio di vita, già divenuto argomento di una tesi di laurea discussa quest'anno, e della sua attenta indagine nell'Europa turbolenta dei confini in questi anni dissennatamente voluti o negati, abbattuti o innalzati, irrisi, lacerati. Sulla convinta idea della naturale permeabilità dei confini, a qualsivoglia ordine di cose o categorie essi siano riferiti, Alpe Adria Cinema ha infatti costruito con pazienza la propria strada originale nel complesso territorio dei festival, preoccupandosi sempre e soprattutto di rispettare, con scelte programmatiche coerenti, la propria fisionomia di osservatorio di un'area e di un cinema particolari.
Oggi i film che provengono da quest'area, come ho già detto più volte, sono diventati oggetto del desiderio sempre più acceso e dichiarato di tutti i grossi festival che ammettono ai concorsi solo le novità in esclusiva, e dei festival, ormai tanti, che aprono nuove sezioni dedicate all'Est Europa. Devo pertanto sottolineare ancora una volta che organizzare una buona sezione competitiva si sta facendo un'impresa di anno in anno più difficoltosa. Quindi è comprensibile, direi quasi fisiologico, che Alpe Adria Cinema dedichi sempre più spazio e lavoro e importanza alle sezioni di ricerca retrospettiva e monografica, con la certezza di riuscire soprattutto tramite queste sezioni a far luce su settori ancora inesplorati e di grande interesse.
La ricerca dei film nuovi (e le battaglie per averli) da destinare alla sezione ufficiale in concorso, che a dispetto di ogni difficoltà, continuiamo a proporre senza farci troppo assillare dalla preoccupazione del "già visto", ci consente di capire e interpretare ogni anno l'orientamento della nuova produzione e le sottili varianti di tendenza. Forse Mancevski, col suo racconto ad incastro, ha fatto scuola, o meglio moda, certo è che la produzione cinematografica degli ultimi due anni ha rivelato tra gli autori di quest'area quasi una sfida a confrontarsi sulla capacità di costruire film basati sulla rottura dell'unità narrativa e sugli INTRECCI casuali di microstorie che si sfiorano, e in cui tutti o nessuno dei personaggi che le vivono (per lo più gente comune) sono protagonisti assoluti del racconto: esemplari in questo senso Bure baruta, Knoflíkári, Den' polnolunija, dove tutto dipende solo dal caso, da un incontro, da uno sguardo. Ecco quindi configurarsi quasi un "genere" nuovo, ben diverso dagli omnibus a episodi di qualche anno fa e che si colloca accanto al ritorno del cupo dramma paesano (Brezno, Historia kina w Popielawach, Szenvedély), del melodramma storico-biografico (Feuerreiter), della commedia (Tri muskarca Melite Zganjer), dell'avventura fiabesca e surreale (Le monde á l'envers).
Gli INTRECCI sono tanti e complessi non solo all'interno di molti film, ma anche tra le varie sezioni del festival. È evidente nella produzione attuale la presenza di alcune forme di "genere" nuove e interessanti, perché non più piattamente imitative di modelli occidentali, come all'inizio di questo decennio, ma invece fortemente radicate nell'humus culturale dei singoli paesi e ispessite dal forte quasi costante riferimento alla durezza delle odierne condizioni di vita in quest'area. Tale constatazione ha stimolato il festival ad avviare per contrasto una rivisitazione dei generi tradizionali, dedicando con TRAGICOMICO EST un angolo di attenzione ai vari tipi di commedia prodotti soprattutto durante il periodo del regime comunista ma anche di recente, e con grande successo di pubblico in Ungheria, in Polonia e nella Repubblica Ceca. Inoltre Alpe Adria Cinema avvia un nuovo spazio di informazione sulle famose SCUOLE DI CINEMA dell'area, incominciando dalla prestigiosa scuola polacca di Lódz, punto di partenza di autori che appartengono ormai alla cultura di questo secolo. L'interesse suscitato l'anno scorso dalla rassegna dedicata all'Onda nera jugoslava ci ha spinto a proseguire l'indagine nell'area della costa balcanica. La sezione retrospettiva ONDE DELL'ALTRA RIVA articola più di 170 titoli (tra lunghi, corti e video) in tre distinte rassegne dedicate agli anni '60 in Croazia, Bosnia Erzegovina e Montenegro e gioca anch'essa nei propri percorsi sulla riproposta dei film di genere (noir logicamente, ma anche méo e commedia - ancora intrecci !), riservando preziose sorprese e qualche insperata scoperta. Quasi tutti sono film inediti in Italia, in buona parte copie stampate per il nostro festival, soprattutto grazie all'intervento dei Ministeri dei tre paesi, enti che hanno dimostrato grande spirito collaborativo e grande entusiasmo per l'operazione. Alla Bosnia dedica una parte del programma anche la sezione IMMAGINI che, pur presentando una selezione internazionale di cortometraggi in concorso, tende a configurarsi come luogo in cui offrire un'occasione in più a quel cinema che può contare solo sui festival per essere visto e conosciuto, e un'occasione unica al pubblico di questa regione per essere informato su un tipo di produzione sempre più ricca e interessante ma non distribuita. All'altra riva dell'Adriatico, da cui arrivano al nostro festival onde di film dimenticati e sconosciuti, ma anche al nostro paese onde cariche di dolente umanità in fuga, è legato idealmente il bel film italiano Ospiti, che chiude il festival dimostrando con semplicità come possano essere naturali e facili le comunicazioni e l'amicizia tra gente di mondi opposti e separati, proprio come vorrebbero i versi della Szymborska.
Tra lunghi e corti sono più di 250 i film che per otto giorni, senza pausa se non notturna, intrecceranno temi e storie a comporre, come in un puzzle e completandosi a vicenda, il quadro d'insieme dell'Europa cinematografica centro orientale, come ha scelto di dipingerlo quest'anno Alpe Adria Cinema. In questo quadro ogni spettatore a sua volta dovrà scegliere i propri percorsi di visione, perché è impossibile poter seguire tutto il programma. Saper scegliere è indice di maturità dello spettatore e l'esigenza di una scelta fa parte del gioco di un festival. Il pubblico del nostro festival è ormai adulto, maturo e ci perdonerà se non ci sono repliche, come spero faranno i giornalisti se non ci sono proiezioni a loro riservate. Il calendario non contempla una “seconda volta”. E questo è grave per la vita e l'immagine di un festival, ne siamo consapevoli e rammaricati. La ragione va detta: non c'è a Trieste un esercente di sala cinematografica disposto ad interrompere per una settimana di gennaio la normale programmazione per dare spazio a un festival e non c'è soprattutto uno spazio cinematografico possibilmente pubblico e attrezzato ineccepibilmente per le esigenze di un festival. é una considerazione un po' amara ma va fatta: la città non sembra ancora pronta per una manifestazione cinematografica di alto livello internazionale; anche la cultura turistico-alberghiera di supporto è impreparata e inadeguata. é la stessa carenza di strutture che lamentavamo dieci o quindici anni fa.
Ora il festival compie dieci anni, è cresciuto, consolidato, rispettato in Italia e all'estero, ma le forze economiche e imprenditoriali della città che dovrebbero sostenerlo non se ne sono ancora accorte. La vita e la crescita della manifestazione sono ancora legate esclusivamente, oltre che all'affetto del pubblico e della critica, al sostegno costante degli enti pubblici che stimano il nostro lavoro (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissariato del Governo nella Regione Friuli Venezia Giulia, Regione autonoma Friuli-Venezia giulia, Provincia di Trieste, Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura di Trieste) cui va la nostra riconoscenza. Novità importante di questa decima edizione è la presenza concreta e collaborativa dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste, che quest'anno per la prima volta sostiene il festival con un contributo e istituisce un premio in denaro legato al nome della città da destinarsi al miglior lungometraggio. Premio che si affianca a quello offerto già da alcuni anni dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo di Napoli e che va quest'anno al miglior cortometraggio, mentre il premio simbolico “Trieste per la pace” offerto dalla Provincia continua a premiare l'opera migliore ispirata al tema della tolleranza. Come di consueto i film da premiare saranno valutati da due giurie di studenti di cinema.
Il consolidarsi di alcuni contributi pubblici e l'aggiungersi di uno nuovo sono indice, forse, di una generale crescita di interesse verso la nostra manifestazione. Questo ci fa sperare che l'annoso problema della carenza di spazi adatti alle esigenze delle moderne manifestazioni multimediali e quello del riuso di spazi pubblici dimenticati comincino a essere presi in considerazione come urgenze e che l'ipotesi di una multisala pubblica funzionale ad un festival cinematografico dinamico e in crescita possa essere prevista nella progettazione futura delle strutture necessarie alla città. Dotare il festival triestino di un luogo più adeguato dove svolgersi sarebbe un contributo importante da parte della nostra regione di frontiera alla politica generale di tutela e consolidamento del cinema europeo, sostenuta dal Parlamento di Bruxelles, a cui anche Alpe Adria Cinema da dieci anni sta pazientemente lavorando.
Annamaria Percavassi
Direttore Artistico