INCONTRI CON GLI AUTORI
Gli incontri con gli autori che si svolgono
tutte le mattine all’hotel Urban sono un appuntamento quotidiano piacevolmente
interessante e dai continui risvolti ironici.
I dibattiti col pubblico sono stati accompagnati da un’aria che si faceva sempre
più frizzante, colma dell’attesa per l’arrivo di una stella incontrastata del
cinema italiano e internazionale: Claudia Cardinale.
A sedersi per prima sulle sedie nere della sala conferenze è stata la regista
polacca Dorota Kedzierzawska, accompagnata dal direttore della fotografia Arthur
Reinhart, che ieri sera ha presentato in anteprima italiana il suo film “Pora
Umierac” (Tempo di morire). Il sempre attento Roberto Ferrucci, ormai padrone di
casa di questi incontri mattutini, ha subito evidenziato le linee fondamentali
che la regista ha adottato nel girare la pellicola: il bianco e nero e la scelta
come protagonista di un’anziana (93 anni!) quanto meravigliosa e storica attrice
del cinema e teatro polacco, Danuta Szaflarska. La Kedzierzawska ha evidenziato
il ruolo della protagonista: “Ho incontrato Danuta dodici anni fa e l’ho subito
amata. Ho deciso di scrivere questo film solo per lei. E alla fine ce l’ho
fatta, anche se dodici anni dopo!”. Per quanto riguarda la scelta del bianco e
nero, la regista ha raccontato alcuni retroscena: “sin da quando ero alla scuola
di cinema, ho sempre desiderato utilizzare il bianco e nero. Inoltre per la
scelta della villa nella quale è ambientato il film avevamo visto qualche
migliaio di foto di vecchie ville in bianco e nero e quindi la scelta del colore
è venuta in modo naturale”.
L’incontro con la regista polacca ha reso perfettamente l’idea dell’apertura e
della multiculturalità del Trieste film festival, sviluppandosi con un
incredibile alternarsi di differenti lingue: la Kedzierzawska parlava in
polacco, il direttore della fotografia Reinhart traduceva in inglese con l’aiuto
di alcuni tra il pubblico, tra i quali il regista Fulvio Bernasconi, e
l’interprete infine riportava le parole in italiano.
In questo ambiente da antica babele, si è accomodato in sala incontri il regista
Dieter Berner.Nato come un esperimento di improvvisazione per gli attori della
scuola cinematografica , “Berliner Reigen” (“Girotondo berlinese”) si ispira
liberamente ai Girotondi di Schnitzler che, secondo le parole del regista, “si
prestavano molto bene per il saggio finale di 10 studenti-attori”;
“improvvisazione nella contemporaneità”: è questa la chiave di lettura che
Berner ha voluto dare al suo film, nato più per i festival che per la
distribuzione e che però ha consentito ai 10 studenti- attori, grazie al
successo riscosso anche nelle sale, di trovare in poco tempo un ruolo teatrale.
Molto atteso anche l’intervento di Fulvio Bernasconi, che ha presentato il suo
film “Fuori dalle corde”, quasi interamente girato a Trieste. La scelta di
Trieste come set cinematografico è stata spiegata dallo stesso regista: “Avevamo
bisogno di un paese in cui si potesse vivere di boxe, è l’Italia è uno dei pochi
posti in cui questo può ancora succedere. E in Italia, Trieste è la capitale
della boxe”. E con un sorriso sincero quanto simpatico Bernasconi ha aggiunto:
“Anche se non lo sapevamo al momento della scelta, per fortuna la Film Commision
è stata molto generosa con noi!”. La produttrice del film, Elda Guidinetti, ha
inoltre annunciato che il film è candidato al “premio oscar svizzero”, che
proclamerà il vincitore mercoledì. E noi, naturalmente, facciamo il tifo per
loro: in bocca al lupo “fuori dalle corde”!
Anche Gloria De Antoni ha dichiarato il suo amore sconfinato per Trieste,
affermando di voler continuare a venirci sempre pù spesso, “fino alla
pensione!”. Nel suo film presentato al cinema Ariston in anteprima assoluta (“Bottecchia,
l’ultima pedalata”), come in tutti i suoi film-inchiesta, la De Antoni trova lo
spunto per raccontare i luoghi in cui avvengono dei fatti particolari, come in
questo caso la misteriosa morte del famosissimo ciclista Ottavio Bottecchia,
primo ciclista italiano a vincere il Tour de France. Durante l’incontro la
regista si è aperta ad una confessione professionale dalle forti sfumature
personali: “Se vado con un microfono ad intervistare qualcuno, mi sento a mio
agio e non mi rendo conto della telecamera. Quando invece è qualcuno ad
intervistare me, non so come comportarmi, mi prede quasi una sorta d ansia. Mi
piace il microfono solo quando sono io ad usarlo per intervistare”. Il suo
genere di film un po’ atipico, definito come “docufiction”, è descritto dalla
stessa regista come “un modo per non considerarsi veri e propri registi, ma
riuscire comunque a inserire in un documentario qualcosa di più artistico”. La
De Antoni ha infine annunciato che il suo prossimo lavoro sarà ambientato a
Trieste, luogo che desidera descrivere da tempo.
Roberto Ferrucci funge da “clessidra”, come lui stesso si autodefinisce, e
Pietro Spirito lasciando il tavolo di dibattiti chiosa simpaticamente con un
“ci assomigli anche a una clessidra!”
Non c’e’ infatti più tempo: è stato annunciato l’arrivo della Cardinale in pochi
minuti. La sala si riempie più della sua reale capacità, cominciano ad
accendersi le telecamere e l’attesa tra il pubblico si fa sempre più forte.
Finalmente eccola: con un sorriso cinematografico quanto naturale fa il suo
ingresso tra lo scintillare dei flash delle macchine fotografiche una delle
regine incontrastate del cinema italiano. Dopo una breve presentazione di
Annamaria Mori, presente al fianco dell’attrice di Visconti e Fellini, la parola
è lasciata a giornalisti e pubblico, che si scatenano in un susseguirsi di
domande, curiosità e richieste di aneddoti.
È ripreso dalla stessa Cardinale quel costante filo rosso, riscontrato anche nei
precedenti incontri, che unisce indissolubilmente la letteratura al cinema: è
infatti l’attrice che vanta il maggior numero di opere letterarie portate sullo
schermo. Dopo un lieve imbarazzo iniziale, dettato forse dall’emozione, il
dibattito si trasforma in una piacevole chiacchierata in cui vengono coinvolti
tutti i presenti. La Cardinale ricorda con commozione Fellini e Visconti, i due
grandi registi che lei descrive come due opposti: “ Federico era tutta
improvvisazione, Luchino invece calcolava ogni minimo particolare. Il primo
voleva caos nel set, il secondo lavorava solo in un silenzio assoluto”.
L’attrice descrive poi il suo modo personale di stare sul set: “Ho bisogno di
concentrazione, arrivo sempre prima dei tecnici sia sul set che al teatro, per
aver un po’ di tempo per me”.
Anche lei parla di Trieste: “è una città meravigliosa, mi angoscia solo un po’
la bora. Ricordo che mentre giravamo Senilità ci fu un colpo di vento e ci
dovemmo aggrappare tutti per non volare via. Nel ’61 mi aveva colpito anche il
freddo, considerato il fatto che ero abituata all’Africa, mia patria natia”. E’
una Cardinale a tutto campo, che ha voglia di parlare, di raccontarsi: “ricordo
quando stavo girando un film a Mosca: ero arrivata con una minigonna e il giorno
dopo tutte le ragazze si tagliarono le loro gonne lunghe per accorciarle.” Parla
anche della Francia, uno dei suo paesi di adozione: “ hanno molto rispetto per
gli artisti, ci vivo molto bene. I tassisti mi fischiettano spesso il motivo
della colonna sonora di “C’era una volta il west”. E’ divertente, spigliata, a
suo agio in mezzo a giornalisti di tutto il mondo e gente di Trieste accorsa per
salutarla, per porle qualche domanda o solo per vederla. Pubblico affascinato a
tal punto che uno di loro non riesce a trattenersi dal comunicarle la sua
passione per uno dei suoi tanti lati affascinanti: “mi sono innamorato della sua
voce!”. Fino a quando un giornalista francese descrive la Cardinale come la
“miglior ambasciatrice dell’Italia”, concludendo con una domanda che tutti noi
ci poniamo affascinati dalla presenza di una donna meravigliosa: “ma lei si
rende conto di cos’e’ per noi e per l’Italia?”. Forse lei no, ma noi sì: dopo
averla incontrata ce ne rendiamo conto ancora di più.
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