Cronache dal festival - 22 gennaio 2011
 

Entriamo così nel vivo del festival con una giornata piena di appuntamenti. Ben quattro sono i documentari in concorso che verranno presentati nel corso della giornata, a partire dall'attualissimo VŠE PRO DOBRO SVĚTA A NOŠOVIC (Tutto per il bene del mondo e di Nošovice) di Vít Klusák, che ci mostra l'altra faccia della delocalizzazione. Nošovice, in Repubblica Ceca, famosa per i suoi crauti e la birra Radegast, viene a un certo punto letteralmente invasa da uno stabilimento della Hyundai e trasformata in zona industriale. Molti agricoltori provano a resistere, a non vendere, ma alla fine cederanno tutti. Scherzoso e raggelante al tempo stesso, dallo stesso autore di Český sen - The Czech Dream (lodato e apprezzato persino da Michael Moore), un film politicamente schierato che gioca sul registro dell'assurdo e mostra come dai campi, a volte, possono anche spuntare automobili... (Per gli spettatori più pazienti, una sorpresa dopo i titoli di coda).
A seguire, il georgiano LIDERI KHOVELTVIS MARTALIA (Il leader ha sempre ragione) di Salome Jashi, sull'inquietante fenomeno dei campi estivi georgiani finanziati dallo stesso presidente, frequentati da ragazzi e ragazze (centinaia di migliaia dal 2005  a oggi) e dove si tengono lezioni di nazionalismo, odio e obbedienza. Il programma è chiaro: diffondere fra i giovani l'”amore per la nazione”.

Nel pomeriggio due lavori che parlano in modo diverso di Arte: VDVOEM (Insieme), di Pavel Kostomarov, entra per un attimo nella vita di Lyudmila e Vladimir, i quali vivono in una casa in mezzo al nulla o quasi, in quello che sembra il centro dell'universo. Entrambi sono artisti, dipingono e intagliano il legno. Il film entra nella loro quotidianità, nel loro lavoro, nell'amore che li tiene uniti da una vita.
Ambientato in Romania è invece LUMEA VĂZUTĂ DE ION B. (Il mondo secondo Ion B.), di Alexandru Nanau, che racconta la storia incredibile di Ion B., 62enne passato nel giro di pochissimo dall'essere un sanzatetto che viveva per le strade di Bucarest ad artista che espone nelle gallerie più prestigiose al mondo, vicino alle opere di artisti come Warhol e  Duchamp.

Alle 16.00, il grande ritorno di uno degli autori più noti al pubblico del festival, Kornél Mundruczó, che a Trieste porta questa volta un dramma su un contrastato rapporto fra un padre che scopre di essere tale e un figlio problematico. Presentato a Cannes, SZELÍD TEREMTÉS - A FRANKENSTEIN-TERV (Tenero figlio – Il progetto Frankestein) è un film sull'orrore umano e, come si capisce dal titolo, una sorta di attualizzazione della storia scritta 200 anni fa da Mary Shelley.

Alle 18.00 non perdetevi la prima delle due compilation di cortometraggi: 150', 9 film diversi per tematiche e ambientazione, in rappresentanza di altrettanti paesi.

In prima serata, un grande evento speciale: celebrato al festival di Cannes 2010, arriva a Trieste accompagnato dal suo autore il magnifico SČAST'E MOE (LA MIA FELICITÀ), di Sergei Loznitsa (nella foto in alto), poderosa e cupa narrazione di una sorta di discesa agli inferi che ha vinto il Grand Prix al recente Black Nights Film Festival di Tallin. Esordio nel lungometraggio di un grande documentarista (di cui il festival ha ospitato diversi lavori nel corso degli anni e di cui presenta in questa edizione la retrospettiva completa), nonostante una struttura narrativa assai complessa, che prevede continui salti temporali, dall’oggi a momenti cruciali della storia del Novecento, il film possiede una forza assolutamente particolare che consiste nel rappresentare un orrore quotidiano che avvolge tutti i personaggi e la natura intorno a essi da un punto d’osservazione asettico e remoto, distante comunque da ogni accento patetico e deformazione espressionista.

La fascia notturna vede di nuovo protagonisti i film di MURI DEL SUONO. Alle 23.00, l'evento speciale della sezione: WSZYSTKO CO KOCHAM - All That I Love, di Jacek Borcuch, storia di punk, amore e crescita ambientata nella Polonia di Solidarność, nel 1981, mentre dilagano gli scioperi e monta la protesta contro il regime. Il 18enne Janek mette in piedi una punk band. Un film sulle prime volte - la prima bevuta, la prima delusione, la prima ribellione, il primo amore -, sulle speranze e i sogni della giovinezza, in un film presentato al Sundance e candidato polacco agli Oscar come Miglior film straniero.
A seguire, il documentario ZEW WOLNOŚCI -  Beats of Freedom di Wojciech Słota e Leszek Gnoiński. Chris Salewitz, giornalista musicale inglese di origini polacche, compie un viaggio in Polonia per raccontare la storia della resistenza al regime comunista attraverso i gruppi e i cantanti che hanno provato ad opporsi, con la loro voglia di suonare e parlare liberamente, alla stretta del potere. La storia recente della Polonia, dagli scioperi di Solidarność alla legge marziale imposta dal generale Jaruzelski, viene raccontata attraverso i suoni di chi ha cercato di resistere, attraverso la musica, a una realtà soffocante. Partendo addirittura dai Rolling Stones in tour in Polonia...
   

INCONTRI STAMPA
Seconda giornata degli incontri, aperti al pubblico, con i registi che presentano le loro opere al festival.
Il regista inglese A.C. Standen-Raz ha aperto l'incontro parlando del suo V I N Y L – Tales From the Vienna Underground, sguardo sulla scena musicale underground di Vienna, uno dei titoli della sezione “Walls of Sound”, curata da Giovanna Tinunin. Standen-Raz ha detto di essere sempre stato affascinato dall’Austria e dalla sua realtà così  diversa da quella del suo paese d’origine. Un mondo fatto di opposti. Vienna è nota per la sua musica, quella classica in particolare. Ma ciò che più l’ha colpito è quella parte nascosta ai più, che sta proliferando negli ultimi anni. Ed è la Vienna underground, dove si incrociano musica elettronica, techno e sperimentazione. Una città che trascende completamente gli stereotipi inamidati che la vedono come una regina un po’ consunta e al margine rispetto alle new wave.  Uno degli aspetti più curiosi del film riguarda la produzione. Durante la strada ha poi incontrato un produttore che l’ha aiutato a conoscere alcuni dei protagonisti del suo documentario.  L'approccio che ha scelto di tenere – ha spiegato sempre Standen-Ratz – è stato piuttosto anticonformista. Si è presentato ai musicisti come artista lui stesso e questo gli ha consentito di  raccontare la Vienna underground da un lato più intimo e reale. Il risultato di questo lavoro è una gamma di musicisti che lavorano in maniera artigianale, molto spesso a casa propria, ma che - al contrario di quello che avviene in grandi città come Londra o Berlino - non vanno alla ricerca continua del nuovo. La loro personale ricerca è di natura introspettiva, portata alla conoscenza di se stessi. Ed è la stessa Vienna, forse proprio grazie alla sua marginalità “geografica”, a dare loro il tempo necessario per affinare questo percorso spirituale ed artistico.  È proprio l’aspetto storico fatto di contraddizioni e tragedie sociali che hanno segnato profondamente il paese, ha spiegato il regista, ad aver spinto in diverse occasioni il popolo spinto ad esprimersi attraverso l’arte in maniera anche estrema (pensiamo solo alla corrente dell'Aktionismus degli anni '60). Un film, dunque, che parla solo di musica, ma di una città eterea e a volte schiava degli stereotipi, ma in fondo viva e pulsante di contraddizioni.  Dopo Standen-Raz, è stata la volta della regista serba Mila Turajlić, che partecipa al concorso documentari curato da Fabrizio Grosoli con il suo Cinema Komunisto, un viaggio molto ben documentato e appassionato nel cinema ai temi di Tito. Un lungo applauso ha accompagnato l'arrivo delle giovane regista, dello stesso calore con cui il film è stato accolto ieri sera in sala. Il film è costruito su un'enorme quantità di materiale audiovisivo, che la regista ha ammesso di aver faticato non poco a raccogliere. La sua è stata una ricerca appassionata che l'ha portata a recuperare qualcosa come trecento film da collezionisti privati sparsi in molti paesi, fra cui anche Francia e Italia. Anche i cinegiornali, grazie alla qualità dei materiali, sono stati per la regista un prezioso aiuto. Lungo e complicato anche il processo di scelta di chi intervistare per il documentario. Turajlić  ha raccontato, per esempio, di essersi molto battuta per la presenza di Leka (Aleksandar) Konstatinovic, il proiezionista privato di Tito, che fa un po' da filo rosso della narrazione. A sorpresa, è intervenuto anche Danis Tanović, che si è complimentato con la documentarista per il lavoro svolto e l'ha incoraggiata a creare una serie ispirata al tema trattato dalla sua pellicola. Alla domanda su quale fosse lo scopo del film, l'autrice ha spiegato che il suo è un paese contraddistinto dalla distruzione, anche della filmografia, e che quindi con il suo lavoro voleva cercare di mantenerne viva la storia. Perché solo parlando del passato sarà possibile capire il presente e dare una speranza di futuro alla Serbia. A chiudere l'interessante mattinata, la presentazione del Premio Corso Salani, dedicato alla memoria del regista scomparso prematuramente l'anno scorso, amico di lunga data del festival e grande esempio di regista indipendente. Il premio verrà attribuito a uno dei cinque finalisti italiani selezionati, assolutamente indipendenti e con un progetto già in fase di realizzazione. La somma, pari a diecimila euro, sarà utile per il completamento del progetto e per incoraggiare così i cineasti a procedere verso la direzione di film personali e lontani dalle dinamiche del mercato. Il vincitore verrà proclamato mercoledì 26, ultimo giorno di festival, e premiato nella cerimonia finale di premiazione del Trieste Film Festival.


 
Photogallery: 22 gennaio / January 22nd

Bernd Buder

Bernd Buder

Elena Giuffrida, Bernd Buder

Danis Tanović

Fabrizio Grosoli, Mila Turajlić (Cinema Komunisto)

Mila Turajlić

Tiziana Ciancetta, A.C. Standen-Raz, Nicoletta Romeo

A.C. Standen-Raz, Nicoletta Romeo

A.C. Standen-Raz

Elena Giuffrida, Elma Tataragic (ASU)

Elma Tataragic (ASU)

Molo Audace

Molo Audace

piazza Unità

     
  
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